venerdì 30 ottobre 2009

Il mio saluto a te.....


Stasera ti saluteranno tutti... io per prima.
Stasera ci saranno tutti, anche quelli che non dovrebbero esserci, quelli che non hanno legame di sangue con te, quelli che anzichè costruire cattedrali, le distruggono.
Ti prego, fa che io sia forte abbastanza da tacere, vedere solo la tua luce avvolgere coloro che ti hanno voluto bene e che ti portano ancora nel cuore.
Vorrei essere sola stasera... vorrei che quello che vedrò accadere fosse dedicato solo a te, in primis, ed a me che ti ho amato padre mio...
Stasera cullami ancora una volta, per l'ultima volta, in eterno.
Ti voglio bene papà.

"In Massoneria il rito funerario è il simbolo della metamorfosi dell’uomo nel fatale passaggio dalla caducità terrena all’eterno, dal contingente al trascendente, dal sensoriale allo spirituale, richiamando inoltre i concetti di rinascita, di evoluzione continua, di fratellanza universale, di reintegrazione nell’Uno.
Celebrare un defunto, nel Tempio massonico, significa sentirlo presente tra i vivi e così dichiarare una continuità di rapporto con lui, ovvero una continuità di comunicazione tra la vita e la morte; quindi una estensione della fratellanza dei viventi ai morti, in una catena universale, per essere fratelli nella vita attuale e oltre essa, anche dopo la morte. 

Il rito inizia simbolicamente a Mezzanotte, quando cioè le tenebre più profonde stendono un velo di dolore sulla natura che attende, momentaneamente vedova, il ritorno dell’astro che la vivifica. La cerimonia viene avviata dal Maestro Venerabile, battendo debolmente un colpo di maglietto (simbolo della nascita dell’uomo), segue il Primo Sorvegliante che batte un colpo fortissimo (simbolo della forza vitale), conclude il Secondo Sorvegliante con un colpo appena sensibile (simbolo dell’ultimo respiro).

A questo punto i presenti si raccolgono intorno al tumulo che sta al centro del Tempio, così constatando dolorosamente che uno degli anelli della loro catena fraterna è spezzato e che la parola è smarrita. Per ripristinare allora la comunicazione interrotta a più alto livello, viene invocato Dio, il Grande Architetto dell’universo (G.A.D.U.), concepito anche come Fuoco che feconda ogni forma di vita 1, come Principio di ogni trasformazione, come Fine di ciascuna esistenza che ritorna a Lui reintegrandosi nell’Uno: reintegratio ad Unum, aut ad Ignem.
Segue il ricordo dell’estinto. In presenza della morte –simbolo di silenzio assoluto, di necessità di purificazione 2 per la seconda nascita che trascende la contingenza e immette nell’eterno– i presenti ne traggono un elevato ammaestramento che interiorizzano, divenendo fattore di edificazione coscienziale, sì che l’esempio del defunto possa insegnar loro a morire, perché v’è pure una dignità della morte, oltre che della vita: ne discende un’etica ed una pedagogia della morte.
Si fa strada così la consapevolezza che dalla morte possa scaturire un’importante e profonda lezione educativa; che dalla putredine della decomposizione possano nascere i profumi e le bellezze della vita (come, appunto, accade in natura); che il trapasso non è che l’iniziazione ai misteri di una risurrezione e che nulla si disperde e si estingue in natura. 
È a questo punto infatti che il Maestro Venerabile versa per tre volte l’incenso 3 nei tre bracieri che sono attorno al tumulo e che i presenti, in pellegrinaggio intorno al feretro, gettano su di esso fronde di acacia, simbolo di rinascita, «pregando» affinché la sua memoria e la testimonianza delle sue virtù parlino (s’incidano) nella loro anima e conducano, attraverso assiduo lavoro e rigorosa ricerca, alla verità e alla luce.
L’ottimismo pian piano prende il posto del pessimismo, nella certezza dell’ininterrotta trasformazione–evoluzione della natura, della creazione continua, quindi della vita permanente, di cui il Fuoco è il principio ed il simbolo. In questo spirito, pertanto, i Fratelli riescono a ricomporre la catena d’unione e a scambiarsi baci fraterni intorno al tumulo. «Bruciano» ogni pensiero egoistico, i risentimenti, il ricordo delle offese subite e si rafforzano nella pace, nella concordia e nel comune lavoro, tenendo sempre presente il fondamentale precetto evangelico: «Non fare ad altri quello che non vorresti fosse fatto a te stesso e fa’ agli altri quello che per te medesimo brameresti». Su di esso giurano. 
Dopo che ciascuno, in catena, attraverso il simbolo e la realtà del Fratello defunto, ha sublimato (purificato) se stesso nell’amore (quindi nel fuoco) e che la concentrazione sulla morte corporea ha aperto la porta del cielo (la janua coeli), cioè dell’interiorità e della coscienza 4, l’opera del soggetto giunge alchemicamente al punto cruciale (alla Croce 5 , appunto). Aperta la Porta d’oro, il Logos fa udire la sua voce interiore e rivela la sua luce, il suo fuoco, la sua essenza spirituale. Il soggetto, prendendone piena consapevolezza, lo fa proprio; lo reincarna nella propria coscienza (quindi certamente ad un più alto livello rispetto alla precedente incoscienza che ne aveva, essendo il lui presente all’inizio soltanto in forma latente). In quest’atto, sacrificio e rinfrancamento, dolore e consolazione si con–fondono determinando il fatto nuovo: cioè la nascita dell’uomo nuovo. L’atto trasmutatorio riceve l’intelligenza di sé (l’autocoscienza) e della speranza che lo sostiene e lo spinge, intesa quest’ultima come facoltà di perenne rigenerazione compresa nella circolarità dell’unità divina (l’uroboros 6). Pertanto, se tutto è Uno, la catena non s’interrompe mai, neanche di fronte alla morte, la quale anzi viene assunta nel piano divino fra le forme del divenire; quindi non come frattura negativa, ma come uno dei momenti della continuità positiva, vitale.
In questa prospettiva e con la fiducia nella Luce ritrovata, il Maestro Venerabile e i due 

Sorveglianti chiudono i lavori funebri all’alba. Come l’astro che nasce disperde le tenebre della notte, così la speranza – ch’è diventata certezza – che il Fratello passato all’Oriente eterno riposi nel grembo del comune Padre, dissipa ogni dolore e cambia in giubilo lo sconforto. È l’ora in cui il sole si mostra all’orizzonte e spande la gioia sugli esseri viventi. Rischiarati dai suoi raggi, i Liberi Muratori si uniscono in un caloroso triplice applauso per rallegrarsi della glorificazione del Fratello che s’è allontanato dalla Valle terrena e che ora è stabilmente in coelo, cioè nella coscienza purificata di ciascuno (come s’è detto prima), nel Fuoco interiore di ogni Fratello, dove egli è assunto come verbo, come parola interiore che insegna, fortifica e guida verso il bene.
Va da sé che dopo tale rituale processo trasmutatorio nulla può essere più lasciato alla materialità profana; perché non dev’esserci più la materialità, «non può» esserci. Una ulteriore prolungata fase di decomposizione (putrefactio) rallenterebbe, o arresterebbe, o invertirebbe il processo trasmutatorio. L’opera compiuta nel Tempio è reale, non virtuale, perciò le spoglie mortali devono essere autenticamente purificate, cioè penetrate e consumate dal fuoco, per essere strutturalmente da esso modificate. Solo così si realizza il consummatum est, l’ultima consummatio (il compimento perfetto), la parte più eterea della materia mortale ed immortale." 

L'uomo è sempre stato un costruttore, e in nessun luogo ha svelato se stesso in modo più significativo che nelle sue costruzioni […]. Quando ci troviamo dinanzi ad esse – si tratti di una capanna di fango, della casa di un abitante delle scogliere, di una Piramide, del Partenone o del Pantheon – ci sembra di leggere nella sua anima. Il costruttore può essere scomparso, forse in epoche lontane, ma ha lasciato qualcosa di sé: le sue speranze, le sue paure, le sue idee, i suoi sogni […]. Le sue costruzioni hanno sempre un riferimento al sacro. Rivelano un vivido senso dell'invisibile. L'uomo ha sempre cercato di costruire verso il cielo, incarnando il suo sogno nella pietra.” (J. Fort Newton).

sabato 1 agosto 2009

ATTENTI A NON PASSAR ACCANTO AD UNA GRANDE COSA SENZA VEDERLA!



O tenebra dolcissima
che dai vita e sostanza all'Universo,
sei tu che poni il seme
nel grembo di ogni madre
e lo nutri amorosa
acquietandone il pianto.
Se il pulcino è nell'uovo
tu gli dai forza per bucare il guscio.
Invisibile Madre.
Tu tutta sola,
hai creato la Terra ed il Cielo lontano.
Dall'alto hai contemplato la creazione.
Tu, tutta sola, separata a forza
dal tuo sposo che dorme nell'Arca.
Eccoti il mondo o Madre,
prendilo nella mano
così come l'hai fatto:
è figlio tuo, così com è tuo figlio
il Re Vero, signore della terra.
Tu sei la vita
e si vive di te.

IL RE E LA REGINA




Maschio e femmina. 
I due principi attivi di ogni sostanza. Ogni strada che si vuole intraprendere si deve percorrere con estrema attenzione... senza essere inghiottiti dall'acqua.
Rinnovare la propria anima... tagliare ciò che non appartiene alla purezza. Lasciare che le sostanze luminose rinascano a nuova vita.

Gli elementi in mano alla regina profumano e solidifica l'oro della rinascita. E' importante mantenere costante il calore del proprio cuore, fuoco divino... mai accendere lo spirito con troppa legna.

Solo la costanza è nostra amica. Gli elementi noti nascono, vivono e si trasformano prima dentro e poi al di fuori di noi.
Questa è la legge universale: nascere, vivere e poi morire. E ad ogni nuova vita si impara a togliere ciò che non ci è più necessario. Trasformare il nostro essere in nuove pietre luminose, stando attenti a non bruciare il piccolo germoglio che è dentro di noi.

IL SALE E LA GRANDE OPERA





Quando avrai raccolto le tue ossa, le avrai fatte diventare tutt'uno con la terra; quando il grande lago si sarà seccato fino a diventare un piccolo cristallo di sale; quando i colori della tua Opera si saranno manifestati dal primo all'ultimo nella coda del pavone allora tutto sarà pronto per la rinascita.


Dal Grande Fuoco alla Grande Cenere fino a che il sale della vita sarà emerso.
Dolce è l'autunno, quando tutto si addormenta. Le foglie coprono la terra, tutto muore intorno fino a diventare pietra. Splendida gemma cristallizzata.


Siamo cenere alla cenere ma splendide gemme....non dimentichiamo chi siamo.

AVERE UN NOME



"Io non sono di nessuna epoca e di nessun luogo, al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza e se mi immergo nel mio pensiero rifacendo il corso degli anni, se proietto il mio spirito verso un modo di vivere lontano da Colui che voi percepite, io divento Colui che desidero.
Il mio nome è quello della mia funzione ed io lo scelgo, così come scelgo la mia funzione, perchè sono libero. Il mio paese è quello dove fermo momentaneamente i miei passi. Mettete la data di ieri, se volete o riuscendovi quella di domani o degli anni passati; per l'orologio illusorio di una grandezza che non sarà mai la vostra.
Io sono Colui che è.
.......

Il mio none, che è mio, quello che scelsi per apparire in mezzo a voi, ecco quello che reclamo. Quelli che mi sono dati alla mia nascita o durante la mia giovinezza, quelli per i quali fui conosciuto, sono di altri tempi e luoghi. Li ho lasciati come avrò lasciati domani dei vestiti passati di moda ed ormai inutili.
......
Come il vento del sud, come la splendente luce del mezzogiorno che caratterizza la piena coscienza delle cose, così io vado verso nord, verso la nebbia ed il freddo, abbandonando ovunque la mio passaggio qualche parte di me stesso, spendendomi, dimenticandomi , ma lasciando un pò di luce, un pò di colore, fino a quando io non sia infine arrivato e stabilito al termine della mia carriera: allora la rosa fiorirà sulla croce.
......


Un giorno, dopo tanti anni e viaggi, il Cielo esaudì i miei sforzi: si ricordò del suo servitore che, rivestito degli abiti nuziali, ebbe la grazia di essere ammesso come Mosè davanti all'Eterno. Da allora ricevetti un nome nuovo, una missione unica.
Libero e maestro della vita non pensai che ad impiegarla per l'Opera Divina.
Se proseguendo il cammino felice dei suoi viaggi qualcuno di voi si avvicinasse un giorno a quella terra d'Oriente che mi ha visto nascere e si ricordasse di me, pronunci il mio nome ed allora vedrà i servitori di mio Padre che gli apriranno le porte della sua città Santa.

A. Conte di Caglistro

"Io sono Colui che è"..... isolati nel tempo e nello spazio, un Dio, un sogno ripetono un'oscura dichiarazione.
I nomi non sono simboli arbitrali ma parte vitale di ciò che definiscono.
Mosè chiese quale fosse il Suo nome e non si trattava di una curiosità di ordine filologico, ma di accertare chi Lui fosse o più precisamente cosa fosse.
"Sono ciò che Lui vuole che sia, sono ciò che mi hanno fatto le leggi universali"
Alessandro di Cagliostro non ci dice chi e, perchè eccederebbe la comprensione del suo interlocutore umano.....

L'ERA DEL MIRACOLO



Arriverà l'era dello Spirito prima o poi. L'uomo, il mondo, il cosmo torneranno a funzionare. E' necessario che la scienza inizi ad indagare sulla materia senza per questo separarla dall'uomo, perchè l'uomo è inseparabile dal cosmo e dallo spirito. Un mondo di pietre non può capire se stesso se il pensiero non è parte di sè. Siamo noi, col nostro pensiero, la chiave per capire il Cosmo.
Lo spazio è troppo angusto.Il tempo è troppo breve. Ma per fortuna l'uomo vive in un mondo che non è composto solo di spazio e tempo. Oltre alle dimesioni dello spazio e del tempo per nostra fortuna esiste anche un angolo in cui la gioia, il pensiero giusto, la vitalità creano una sorta di quinta dimensione. La dimensione morale resta ancora sconosciuta alla scienza e solo ora si inizia a dar cenno di interesse verso questa entità.
Noi conosciamo una gioia il cui rovescio è dolore mentre dovremmo iniziare a capire che la gioia, la vita....rovesciate sono sempre rappresentazioni della gioia e della vita.
Questa dimensione..."la gioia" è l'INVARIANTE dell'univero. Comunque la giri, resta sempre la stessa.
Anche il più piccolo sassolino è dotato non solo di comportamento materiale ma anche spirituale...una perfetta stazione ricevente di onda vitale che si insinua fra lo spazio ed il tempo ma indissolubilmente a loro legata, con i suoi cicli, perfettamente armonici.
Abbiamo perso l'abitudine di "mettere in terra" ciò che stava "avvendendo in clielo" e viceversa...abbiamo fermato questo cerchio perfetto.Ora è tempo che l'ultimo stadio della Grande Piramide ci annunci il Suo ritorno e ci faccia salire sulla scala dell'evoluzione.

SOUL AND SPIRIT



"Guarda il demonio da ogni lato e non da un lato solo, come tu lo fai. Lo vedrai tornare ad essere Dio".
Il diavolo in aramaico è definito "strà ahra" cioè "l'altro punto di vista", la "visione parziale".
L'ambiente in cui si sviluppano i diavoli è quello sottoposto alle ristrettezze dello spazio e del tempo. Regno del diavolo è il mondo dei corpi e delle anime. Il diavolo ha effetti sulla materia e sulla mente, dato che l'anima è fatta di pensiero limitato. Ma quando il pensiro ritornando Spirito si allarga, si completa ed attinge alla verità e all'eternità, uscendo dalle ristrettezze dello spazoi e del tempo, allora l'uomo fa un salto di livello.
E' questa la differenza fra l'anima e lo spirito. La prima, fatta di pensiero limitato, provvisorio,mentre lo Spirito è pensiero vittorioso, che ha superato ogni visione parziale.