
Il rito inizia simbolicamente a Mezzanotte, quando cioè le tenebre più profonde stendono un velo di dolore sulla natura che attende, momentaneamente vedova, il ritorno dell’astro che la vivifica. La cerimonia viene avviata dal Maestro Venerabile, battendo debolmente un colpo di maglietto (simbolo della nascita dell’uomo), segue il Primo Sorvegliante che batte un colpo fortissimo (simbolo della forza vitale), conclude il Secondo Sorvegliante con un colpo appena sensibile (simbolo dell’ultimo respiro).
A questo punto i presenti si raccolgono intorno al tumulo che sta al centro del Tempio, così constatando dolorosamente che uno degli anelli della loro catena fraterna è spezzato e che la parola è smarrita. Per ripristinare allora la comunicazione interrotta a più alto livello, viene invocato Dio, il Grande Architetto dell’universo (G.A.D.U.), concepito anche come Fuoco che feconda ogni forma di vita 1, come Principio di ogni trasformazione, come Fine di ciascuna esistenza che ritorna a Lui reintegrandosi nell’Uno: reintegratio ad Unum, aut ad Ignem. Segue il ricordo dell’estinto. In presenza della morte –simbolo di silenzio assoluto, di necessità di purificazione 2 per la seconda nascita che trascende la contingenza e immette nell’eterno– i presenti ne traggono un elevato ammaestramento che interiorizzano, divenendo fattore di edificazione coscienziale, sì che l’esempio del defunto possa insegnar loro a morire, perché v’è pure una dignità della morte, oltre che della vita: ne discende un’etica ed una pedagogia della morte. Si fa strada così la consapevolezza che dalla morte possa scaturire un’importante e profonda lezione educativa; che dalla putredine della decomposizione possano nascere i profumi e le bellezze della vita (come, appunto, accade in natura); che il trapasso non è che l’iniziazione ai misteri di una risurrezione e che nulla si disperde e si estingue in natura. È a questo punto infatti che il Maestro Venerabile versa per tre volte l’incenso 3 nei tre bracieri che sono attorno al tumulo e che i presenti, in pellegrinaggio intorno al feretro, gettano su di esso fronde di acacia, simbolo di rinascita, «pregando» affinché la sua memoria e la testimonianza delle sue virtù parlino (s’incidano) nella loro anima e conducano, attraverso assiduo lavoro e rigorosa ricerca, alla verità e alla luce. L’ottimismo pian piano prende il posto del pessimismo, nella certezza dell’ininterrotta trasformazione–evoluzione della natura, della creazione continua, quindi della vita permanente, di cui il Fuoco è il principio ed il simbolo. In questo spirito, pertanto, i Fratelli riescono a ricomporre la catena d’unione e a scambiarsi baci fraterni intorno al tumulo. «Bruciano» ogni pensiero egoistico, i risentimenti, il ricordo delle offese subite e si rafforzano nella pace, nella concordia e nel comune lavoro, tenendo sempre presente il fondamentale precetto evangelico: «Non fare ad altri quello che non vorresti fosse fatto a te stesso e fa’ agli altri quello che per te medesimo brameresti». Su di esso giurano. Dopo che ciascuno, in catena, attraverso il simbolo e la realtà del Fratello defunto, ha sublimato (purificato) se stesso nell’amore (quindi nel fuoco) e che la concentrazione sulla morte corporea ha aperto la porta del cielo (la janua coeli), cioè dell’interiorità e della coscienza 4, l’opera del soggetto giunge alchemicamente al punto cruciale (alla Croce 5 , appunto). Aperta la Porta d’oro, il Logos fa udire la sua voce interiore e rivela la sua luce, il suo fuoco, la sua essenza spirituale. Il soggetto, prendendone piena consapevolezza, lo fa proprio; lo reincarna nella propria coscienza (quindi certamente ad un più alto livello rispetto alla precedente incoscienza che ne aveva, essendo il lui presente all’inizio soltanto in forma latente). In quest’atto, sacrificio e rinfrancamento, dolore e consolazione si con–fondono determinando il fatto nuovo: cioè la nascita dell’uomo nuovo. L’atto trasmutatorio riceve l’intelligenza di sé (l’autocoscienza) e della speranza che lo sostiene e lo spinge, intesa quest’ultima come facoltà di perenne rigenerazione compresa nella circolarità dell’unità divina (l’uroboros 6). Pertanto, se tutto è Uno, la catena non s’interrompe mai, neanche di fronte alla morte, la quale anzi viene assunta nel piano divino fra le forme del divenire; quindi non come frattura negativa, ma come uno dei momenti della continuità positiva, vitale. In questa prospettiva e con la fiducia nella Luce ritrovata, il Maestro Venerabile e i due
Sorveglianti chiudono i lavori funebri all’alba. Come l’astro che nasce disperde le tenebre della notte, così la speranza – ch’è diventata certezza – che il Fratello passato all’Oriente eterno riposi nel grembo del comune Padre, dissipa ogni dolore e cambia in giubilo lo sconforto. È l’ora in cui il sole si mostra all’orizzonte e spande la gioia sugli esseri viventi. Rischiarati dai suoi raggi, i Liberi Muratori si uniscono in un caloroso triplice applauso per rallegrarsi della glorificazione del Fratello che s’è allontanato dalla Valle terrena e che ora è stabilmente in coelo, cioè nella coscienza purificata di ciascuno (come s’è detto prima), nel Fuoco interiore di ogni Fratello, dove egli è assunto come verbo, come parola interiore che insegna, fortifica e guida verso il bene. Va da sé che dopo tale rituale processo trasmutatorio nulla può essere più lasciato alla materialità profana; perché non dev’esserci più la materialità, «non può» esserci. Una ulteriore prolungata fase di decomposizione (putrefactio) rallenterebbe, o arresterebbe, o invertirebbe il processo trasmutatorio. L’opera compiuta nel Tempio è reale, non virtuale, perciò le spoglie mortali devono essere autenticamente purificate, cioè penetrate e consumate dal fuoco, per essere strutturalmente da esso modificate. Solo così si realizza il consummatum est, l’ultima consummatio (il compimento perfetto), la parte più eterea della materia mortale ed immortale."
L'uomo è sempre stato un costruttore, e in nessun luogo ha svelato se stesso in modo più significativo che nelle sue costruzioni […]. Quando ci troviamo dinanzi ad esse – si tratti di una capanna di fango, della casa di un abitante delle scogliere, di una Piramide, del Partenone o del Pantheon – ci sembra di leggere nella sua anima. Il costruttore può essere scomparso, forse in epoche lontane, ma ha lasciato qualcosa di sé: le sue speranze, le sue paure, le sue idee, i suoi sogni […]. Le sue costruzioni hanno sempre un riferimento al sacro. Rivelano un vivido senso dell'invisibile. L'uomo ha sempre cercato di costruire verso il cielo, incarnando il suo sogno nella pietra.” (J. Fort Newton).
Conoscevo...ho compreso.
RispondiEliminaConoscere è scoprire l'intera umanità.
RispondiEliminaGrazie Nicole
Johakim
la conoscenza progredisce con noi, la consapevolezza trascende la conoscenza.
RispondiEliminaRiuscire ad essere consapevole è ciò che mi sono prefissa di fare in questa vita. Spero di riuscirci...
RispondiEliminaGrazie delle parole Taoista.
Joh
johakim, scusami se arrivo a te, così di sorpresa. Parrebbe un entrata ad effetto, ma ti ho letta da taoista e ho voluto capire chi come me ama profondamente il mio mentore: Osho.
RispondiEliminaE così scopro una bravissima scrittrice che fa onore al mondo virtuale.
Volevo solo renderti partecipe delle mie emozioni. Quelle che mi hai trasmesso leggendo questo bellissimo post.
Sono felice di averti incontrata.
buon fine settimana
Lilly
Grazie Lilly e benvenuta. Grazie delle parole che mi hanno emozionata. E' bello scoprire assonanze familiari anche qui!
RispondiEliminaUn abbracio
Joh
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaTi seguirò...grazie a te
RispondiEliminaLilly
Aspetto nuovi post, joh!
RispondiEliminaTi penso sempre, con molto affetto, e grazie per il sottofondo musicale Chpin é il mio preferito, mio figlio lo suona da dio...
Quanti ricordi!!!!
Un abbraccio fortissimoooooo
Lilly
con il nuovo Look
Mi fa molto piacere saperti su queste pagine. Purtroppo qui ho smesso di scrivere quando è mancato il mio Maestro ... mio padre.
RispondiEliminaPrima o poi ricomincerò.
Tubalcain vive nelle pagine di Johakim e nella sua Crice del Sud. Mi piacerebbe tu venissi a trovarmi anche li.
Ti abbraccio, sorella.
io ti lascio un abbraccio.
RispondiEliminanon è tanto, non è neanche poco.
è sincero.
Grazie
RispondiEliminaQui gli abbracci contano molto!
Joh
Bene.
RispondiEliminaCi potrai contare in qualsiasi momento
Anch'io, arrivata qui dal blog di Taoista, rimango commossa da questo tuo post, del quale ti ringrazio.
RispondiEliminaUn forte abbraccio,
Lara
ben arrivata Lara.
RispondiEliminaGrazie
Joh
Il tuo post mi ha toccato profondamente cara Johakim, anche perchè da soli tre mesi ho perso il mio compagno improvvisamente...
RispondiEliminaUn blog di rara maestria e delicatezza, un blog da non abbandonare.
Mi iscrivo subito e mi farebbe piacere tu volessi ricambiare ...http://rockmusicspace.blogspot.it/..
grazie infinite e una lieve carezza!
Cara Nella grazie del passaggio e delle parole.
EliminaLa perdita di qualcuno, padre, compagno o amico che sia ci lascia sempre senza fiato e la mancanza resta nostra compagna per sempre.
Fra pochi giorni sarà l'anniversario della mostre di mio padre e stavo già preparando due righe.
Questo blog è particolare... dedicato a lui ed agli insegnamenti che mi ha dato.
Verrò a trovarti certamente.
Un caro abbraccio anche a te
Tesoro, non riesco a commentare sull'altro tuo blog ..e non è il primo giorno..
RispondiEliminaChe accade?
Ora provo qui e vediamo se sarò più fortunata!!!
+++++
ciao Nella! qui si...
RispondiEliminanon ho notizie di altri che non rirscano a commentare sulla croce del sud :-)