venerdì 30 ottobre 2009

Il mio saluto a te.....


Stasera ti saluteranno tutti... io per prima.
Stasera ci saranno tutti, anche quelli che non dovrebbero esserci, quelli che non hanno legame di sangue con te, quelli che anzichè costruire cattedrali, le distruggono.
Ti prego, fa che io sia forte abbastanza da tacere, vedere solo la tua luce avvolgere coloro che ti hanno voluto bene e che ti portano ancora nel cuore.
Vorrei essere sola stasera... vorrei che quello che vedrò accadere fosse dedicato solo a te, in primis, ed a me che ti ho amato padre mio...
Stasera cullami ancora una volta, per l'ultima volta, in eterno.
Ti voglio bene papà.

"In Massoneria il rito funerario è il simbolo della metamorfosi dell’uomo nel fatale passaggio dalla caducità terrena all’eterno, dal contingente al trascendente, dal sensoriale allo spirituale, richiamando inoltre i concetti di rinascita, di evoluzione continua, di fratellanza universale, di reintegrazione nell’Uno.
Celebrare un defunto, nel Tempio massonico, significa sentirlo presente tra i vivi e così dichiarare una continuità di rapporto con lui, ovvero una continuità di comunicazione tra la vita e la morte; quindi una estensione della fratellanza dei viventi ai morti, in una catena universale, per essere fratelli nella vita attuale e oltre essa, anche dopo la morte. 

Il rito inizia simbolicamente a Mezzanotte, quando cioè le tenebre più profonde stendono un velo di dolore sulla natura che attende, momentaneamente vedova, il ritorno dell’astro che la vivifica. La cerimonia viene avviata dal Maestro Venerabile, battendo debolmente un colpo di maglietto (simbolo della nascita dell’uomo), segue il Primo Sorvegliante che batte un colpo fortissimo (simbolo della forza vitale), conclude il Secondo Sorvegliante con un colpo appena sensibile (simbolo dell’ultimo respiro).

A questo punto i presenti si raccolgono intorno al tumulo che sta al centro del Tempio, così constatando dolorosamente che uno degli anelli della loro catena fraterna è spezzato e che la parola è smarrita. Per ripristinare allora la comunicazione interrotta a più alto livello, viene invocato Dio, il Grande Architetto dell’universo (G.A.D.U.), concepito anche come Fuoco che feconda ogni forma di vita 1, come Principio di ogni trasformazione, come Fine di ciascuna esistenza che ritorna a Lui reintegrandosi nell’Uno: reintegratio ad Unum, aut ad Ignem.
Segue il ricordo dell’estinto. In presenza della morte –simbolo di silenzio assoluto, di necessità di purificazione 2 per la seconda nascita che trascende la contingenza e immette nell’eterno– i presenti ne traggono un elevato ammaestramento che interiorizzano, divenendo fattore di edificazione coscienziale, sì che l’esempio del defunto possa insegnar loro a morire, perché v’è pure una dignità della morte, oltre che della vita: ne discende un’etica ed una pedagogia della morte.
Si fa strada così la consapevolezza che dalla morte possa scaturire un’importante e profonda lezione educativa; che dalla putredine della decomposizione possano nascere i profumi e le bellezze della vita (come, appunto, accade in natura); che il trapasso non è che l’iniziazione ai misteri di una risurrezione e che nulla si disperde e si estingue in natura. 
È a questo punto infatti che il Maestro Venerabile versa per tre volte l’incenso 3 nei tre bracieri che sono attorno al tumulo e che i presenti, in pellegrinaggio intorno al feretro, gettano su di esso fronde di acacia, simbolo di rinascita, «pregando» affinché la sua memoria e la testimonianza delle sue virtù parlino (s’incidano) nella loro anima e conducano, attraverso assiduo lavoro e rigorosa ricerca, alla verità e alla luce.
L’ottimismo pian piano prende il posto del pessimismo, nella certezza dell’ininterrotta trasformazione–evoluzione della natura, della creazione continua, quindi della vita permanente, di cui il Fuoco è il principio ed il simbolo. In questo spirito, pertanto, i Fratelli riescono a ricomporre la catena d’unione e a scambiarsi baci fraterni intorno al tumulo. «Bruciano» ogni pensiero egoistico, i risentimenti, il ricordo delle offese subite e si rafforzano nella pace, nella concordia e nel comune lavoro, tenendo sempre presente il fondamentale precetto evangelico: «Non fare ad altri quello che non vorresti fosse fatto a te stesso e fa’ agli altri quello che per te medesimo brameresti». Su di esso giurano. 
Dopo che ciascuno, in catena, attraverso il simbolo e la realtà del Fratello defunto, ha sublimato (purificato) se stesso nell’amore (quindi nel fuoco) e che la concentrazione sulla morte corporea ha aperto la porta del cielo (la janua coeli), cioè dell’interiorità e della coscienza 4, l’opera del soggetto giunge alchemicamente al punto cruciale (alla Croce 5 , appunto). Aperta la Porta d’oro, il Logos fa udire la sua voce interiore e rivela la sua luce, il suo fuoco, la sua essenza spirituale. Il soggetto, prendendone piena consapevolezza, lo fa proprio; lo reincarna nella propria coscienza (quindi certamente ad un più alto livello rispetto alla precedente incoscienza che ne aveva, essendo il lui presente all’inizio soltanto in forma latente). In quest’atto, sacrificio e rinfrancamento, dolore e consolazione si con–fondono determinando il fatto nuovo: cioè la nascita dell’uomo nuovo. L’atto trasmutatorio riceve l’intelligenza di sé (l’autocoscienza) e della speranza che lo sostiene e lo spinge, intesa quest’ultima come facoltà di perenne rigenerazione compresa nella circolarità dell’unità divina (l’uroboros 6). Pertanto, se tutto è Uno, la catena non s’interrompe mai, neanche di fronte alla morte, la quale anzi viene assunta nel piano divino fra le forme del divenire; quindi non come frattura negativa, ma come uno dei momenti della continuità positiva, vitale.
In questa prospettiva e con la fiducia nella Luce ritrovata, il Maestro Venerabile e i due 

Sorveglianti chiudono i lavori funebri all’alba. Come l’astro che nasce disperde le tenebre della notte, così la speranza – ch’è diventata certezza – che il Fratello passato all’Oriente eterno riposi nel grembo del comune Padre, dissipa ogni dolore e cambia in giubilo lo sconforto. È l’ora in cui il sole si mostra all’orizzonte e spande la gioia sugli esseri viventi. Rischiarati dai suoi raggi, i Liberi Muratori si uniscono in un caloroso triplice applauso per rallegrarsi della glorificazione del Fratello che s’è allontanato dalla Valle terrena e che ora è stabilmente in coelo, cioè nella coscienza purificata di ciascuno (come s’è detto prima), nel Fuoco interiore di ogni Fratello, dove egli è assunto come verbo, come parola interiore che insegna, fortifica e guida verso il bene.
Va da sé che dopo tale rituale processo trasmutatorio nulla può essere più lasciato alla materialità profana; perché non dev’esserci più la materialità, «non può» esserci. Una ulteriore prolungata fase di decomposizione (putrefactio) rallenterebbe, o arresterebbe, o invertirebbe il processo trasmutatorio. L’opera compiuta nel Tempio è reale, non virtuale, perciò le spoglie mortali devono essere autenticamente purificate, cioè penetrate e consumate dal fuoco, per essere strutturalmente da esso modificate. Solo così si realizza il consummatum est, l’ultima consummatio (il compimento perfetto), la parte più eterea della materia mortale ed immortale." 

L'uomo è sempre stato un costruttore, e in nessun luogo ha svelato se stesso in modo più significativo che nelle sue costruzioni […]. Quando ci troviamo dinanzi ad esse – si tratti di una capanna di fango, della casa di un abitante delle scogliere, di una Piramide, del Partenone o del Pantheon – ci sembra di leggere nella sua anima. Il costruttore può essere scomparso, forse in epoche lontane, ma ha lasciato qualcosa di sé: le sue speranze, le sue paure, le sue idee, i suoi sogni […]. Le sue costruzioni hanno sempre un riferimento al sacro. Rivelano un vivido senso dell'invisibile. L'uomo ha sempre cercato di costruire verso il cielo, incarnando il suo sogno nella pietra.” (J. Fort Newton).

sabato 1 agosto 2009

ATTENTI A NON PASSAR ACCANTO AD UNA GRANDE COSA SENZA VEDERLA!



O tenebra dolcissima
che dai vita e sostanza all'Universo,
sei tu che poni il seme
nel grembo di ogni madre
e lo nutri amorosa
acquietandone il pianto.
Se il pulcino è nell'uovo
tu gli dai forza per bucare il guscio.
Invisibile Madre.
Tu tutta sola,
hai creato la Terra ed il Cielo lontano.
Dall'alto hai contemplato la creazione.
Tu, tutta sola, separata a forza
dal tuo sposo che dorme nell'Arca.
Eccoti il mondo o Madre,
prendilo nella mano
così come l'hai fatto:
è figlio tuo, così com è tuo figlio
il Re Vero, signore della terra.
Tu sei la vita
e si vive di te.

IL RE E LA REGINA




Maschio e femmina. 
I due principi attivi di ogni sostanza. Ogni strada che si vuole intraprendere si deve percorrere con estrema attenzione... senza essere inghiottiti dall'acqua.
Rinnovare la propria anima... tagliare ciò che non appartiene alla purezza. Lasciare che le sostanze luminose rinascano a nuova vita.

Gli elementi in mano alla regina profumano e solidifica l'oro della rinascita. E' importante mantenere costante il calore del proprio cuore, fuoco divino... mai accendere lo spirito con troppa legna.

Solo la costanza è nostra amica. Gli elementi noti nascono, vivono e si trasformano prima dentro e poi al di fuori di noi.
Questa è la legge universale: nascere, vivere e poi morire. E ad ogni nuova vita si impara a togliere ciò che non ci è più necessario. Trasformare il nostro essere in nuove pietre luminose, stando attenti a non bruciare il piccolo germoglio che è dentro di noi.

IL SALE E LA GRANDE OPERA





Quando avrai raccolto le tue ossa, le avrai fatte diventare tutt'uno con la terra; quando il grande lago si sarà seccato fino a diventare un piccolo cristallo di sale; quando i colori della tua Opera si saranno manifestati dal primo all'ultimo nella coda del pavone allora tutto sarà pronto per la rinascita.


Dal Grande Fuoco alla Grande Cenere fino a che il sale della vita sarà emerso.
Dolce è l'autunno, quando tutto si addormenta. Le foglie coprono la terra, tutto muore intorno fino a diventare pietra. Splendida gemma cristallizzata.


Siamo cenere alla cenere ma splendide gemme....non dimentichiamo chi siamo.

AVERE UN NOME



"Io non sono di nessuna epoca e di nessun luogo, al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza e se mi immergo nel mio pensiero rifacendo il corso degli anni, se proietto il mio spirito verso un modo di vivere lontano da Colui che voi percepite, io divento Colui che desidero.
Il mio nome è quello della mia funzione ed io lo scelgo, così come scelgo la mia funzione, perchè sono libero. Il mio paese è quello dove fermo momentaneamente i miei passi. Mettete la data di ieri, se volete o riuscendovi quella di domani o degli anni passati; per l'orologio illusorio di una grandezza che non sarà mai la vostra.
Io sono Colui che è.
.......

Il mio none, che è mio, quello che scelsi per apparire in mezzo a voi, ecco quello che reclamo. Quelli che mi sono dati alla mia nascita o durante la mia giovinezza, quelli per i quali fui conosciuto, sono di altri tempi e luoghi. Li ho lasciati come avrò lasciati domani dei vestiti passati di moda ed ormai inutili.
......
Come il vento del sud, come la splendente luce del mezzogiorno che caratterizza la piena coscienza delle cose, così io vado verso nord, verso la nebbia ed il freddo, abbandonando ovunque la mio passaggio qualche parte di me stesso, spendendomi, dimenticandomi , ma lasciando un pò di luce, un pò di colore, fino a quando io non sia infine arrivato e stabilito al termine della mia carriera: allora la rosa fiorirà sulla croce.
......


Un giorno, dopo tanti anni e viaggi, il Cielo esaudì i miei sforzi: si ricordò del suo servitore che, rivestito degli abiti nuziali, ebbe la grazia di essere ammesso come Mosè davanti all'Eterno. Da allora ricevetti un nome nuovo, una missione unica.
Libero e maestro della vita non pensai che ad impiegarla per l'Opera Divina.
Se proseguendo il cammino felice dei suoi viaggi qualcuno di voi si avvicinasse un giorno a quella terra d'Oriente che mi ha visto nascere e si ricordasse di me, pronunci il mio nome ed allora vedrà i servitori di mio Padre che gli apriranno le porte della sua città Santa.

A. Conte di Caglistro

"Io sono Colui che è"..... isolati nel tempo e nello spazio, un Dio, un sogno ripetono un'oscura dichiarazione.
I nomi non sono simboli arbitrali ma parte vitale di ciò che definiscono.
Mosè chiese quale fosse il Suo nome e non si trattava di una curiosità di ordine filologico, ma di accertare chi Lui fosse o più precisamente cosa fosse.
"Sono ciò che Lui vuole che sia, sono ciò che mi hanno fatto le leggi universali"
Alessandro di Cagliostro non ci dice chi e, perchè eccederebbe la comprensione del suo interlocutore umano.....

L'ERA DEL MIRACOLO



Arriverà l'era dello Spirito prima o poi. L'uomo, il mondo, il cosmo torneranno a funzionare. E' necessario che la scienza inizi ad indagare sulla materia senza per questo separarla dall'uomo, perchè l'uomo è inseparabile dal cosmo e dallo spirito. Un mondo di pietre non può capire se stesso se il pensiero non è parte di sè. Siamo noi, col nostro pensiero, la chiave per capire il Cosmo.
Lo spazio è troppo angusto.Il tempo è troppo breve. Ma per fortuna l'uomo vive in un mondo che non è composto solo di spazio e tempo. Oltre alle dimesioni dello spazio e del tempo per nostra fortuna esiste anche un angolo in cui la gioia, il pensiero giusto, la vitalità creano una sorta di quinta dimensione. La dimensione morale resta ancora sconosciuta alla scienza e solo ora si inizia a dar cenno di interesse verso questa entità.
Noi conosciamo una gioia il cui rovescio è dolore mentre dovremmo iniziare a capire che la gioia, la vita....rovesciate sono sempre rappresentazioni della gioia e della vita.
Questa dimensione..."la gioia" è l'INVARIANTE dell'univero. Comunque la giri, resta sempre la stessa.
Anche il più piccolo sassolino è dotato non solo di comportamento materiale ma anche spirituale...una perfetta stazione ricevente di onda vitale che si insinua fra lo spazio ed il tempo ma indissolubilmente a loro legata, con i suoi cicli, perfettamente armonici.
Abbiamo perso l'abitudine di "mettere in terra" ciò che stava "avvendendo in clielo" e viceversa...abbiamo fermato questo cerchio perfetto.Ora è tempo che l'ultimo stadio della Grande Piramide ci annunci il Suo ritorno e ci faccia salire sulla scala dell'evoluzione.

SOUL AND SPIRIT



"Guarda il demonio da ogni lato e non da un lato solo, come tu lo fai. Lo vedrai tornare ad essere Dio".
Il diavolo in aramaico è definito "strà ahra" cioè "l'altro punto di vista", la "visione parziale".
L'ambiente in cui si sviluppano i diavoli è quello sottoposto alle ristrettezze dello spazio e del tempo. Regno del diavolo è il mondo dei corpi e delle anime. Il diavolo ha effetti sulla materia e sulla mente, dato che l'anima è fatta di pensiero limitato. Ma quando il pensiro ritornando Spirito si allarga, si completa ed attinge alla verità e all'eternità, uscendo dalle ristrettezze dello spazoi e del tempo, allora l'uomo fa un salto di livello.
E' questa la differenza fra l'anima e lo spirito. La prima, fatta di pensiero limitato, provvisorio,mentre lo Spirito è pensiero vittorioso, che ha superato ogni visione parziale.

SENSO DEL RITO, SIMBOLISMO E REALTA'


L'uomo da sempre convive con la ritualità che è parte integrante di tutte le manifestazioni sociali ed esistenziali. Questo fenomeno può essere sentito o recepito in misura diversa a secondo delle realtà in cui l'uomo viene a trovarsi ma comunque, in alcune occasioni almeno, l'uomo sente la necessità di formalizzare alcuni aspetti della propria esistenza con la solennità di un rito. Da sempre, per esempio, il rito più antico è sicuramente quello del cibarsi (agape): attorno al fuoco, all'interno della caverna, l'uomo ritualizza e divide con il suo gruppo il frutto della terra, l'acqua ed il risultato della caccia. Al più anziano vanno i pezzi più pregiati, lui li divide secondo un rito ben preciso, tutti fruiscono del cibo per la sopravvivenza, tutto secondo una precisa ritualità.
Con lo stomaco sazio e con i sensi appagati, gli sguardi si addolciscono, in quel momento si creano i presupposti per rinnovare i vincoli di unione del clan e si formulano le proposte per il futuro esistenziale della comunità.
E' la storia di sempre, anche ai giorni nostri noi, più o meno coscienti, siamo parte di una ritualità che ci è trasmessa dalle generazioni passate.
La spiritualità è più evidente nelle religioni, le quali, in forza di essa, mantengono nel tempo la fede negli uomini, qualsiasi religione non può fare a meno della liturgia.
Ma anche nella vita profana, nella vita sociale, le liturgie non mancano: negli eserciti la divisa, la disciplina, impongono un certo tipo di ritualità ben definita; non mancano certi esempi rituali nel mondo del avoro o nella vita associativa, per non parlare della famiglia dove certe abitudini non sono altro che dei rituali che si
tramandano nel tempo. L'uomo ha quindi innato il senso del rito e del simbolo.
Nel nostro caso più che mai, e guai se così non fosse, a poco varrebbero sagge e filosofiche dissertazioni di studiosi dell'Arte se ad esse non si associassero precisi riferimenti al simbolismo ed alla ritualità.

"I simboli sono per la mente ciò che gli attrezzi sono per le mani"


L'uomo ha sempre guardato attraverso i simboli da quando mondo è mondo e l'iniziato più che mai, perchè il simbolo è anche difesa, una sorta di codice per gli appartenenti al gruppo.
Il simbolo è quindi riconoscersi e ritrovarsi, è stimolo per noi di approdondimento e conoscenza attraverso i tempi, attraverso le varie fasi storiche e le diverse etnie, la comunione di intenti e la comune volontà di tramandare alle future generazioni iniziatiche tracce e riferimenti del nostro pensiero e del nostro lavoro.
I simboli sono orme da lasciare visibili a coloro che ne sono degni, senza mutarne lo spirito e l'essenza, facendo ben attenzione a non creane di nuovi e fantasiosi, perchè l'uomo da sempre ogni qualvolta ha sognato nuove divinità, perchè più congeniali, comode, più facilmente accostabili, si è fatalmente perduto nel luogo comune, rinunciando al sacrificio che è invece insito nella vita dell'essere iniziatico.
Non può esserci seria ritualità se non profondamente e spiritualmente sentita come tale e non come accessorio ad una ripetitiva e colorita liturgia.
Crediamo quindi nel rito e nei suoi simboli, studiamoli in tutti i loro aspetti ed in tutte le sfaccettature ed assimiliamone l'essenza approfondendone lo spirito.


"Ebbi sei onesti servitori che mi insegnarono tutto ciò che so. I loro nomi sono che cosa, perchè, quando e come e dove e chi".

TRE LETTERE..TRE SUONI...TRE SIMBOLI





Avrei voluto scrivere qualcosa di “scientifico” su questo argomento ma lascerò, come al solito,parlare il mio cuore.

Una notte senza tempo, solo luce, dove luce ancora non è.
Suono, ancor prima della parola, ancor prima del pensiero. Suono che vibra ad intesità variabile. Grandi occhi guardano l'infinito, dove tutto è, tutto è già.
Sogno, realtà, vortice di materie non ancora plasmate ma pur sempre luminose nella loro idea primordiale.
Tre, numero perfetto, uno e tre, tre ed uno, simbolo di ciò che è e che per sempre sarà.
Noi lo ascoltiamo, risuona in noi il canto delle forze creatrici ed insieme al suono sappiamo di essere, sappiamo di essere amati, sappiamo di amare, luce della luce, cuore pulsante nell'Universo.
Nord, Sud, Est, Ovest, l'Alto, il Basso, l'Interno, la Destra e la Sinistra.


Le Tre Lettere Madri
Nella tradizione cabalistica l'alfabeto ebraico è la diretta espressione divina, e non dell'uomo. E' detto: “Egli incise, li scolpì, li purificò, li pesò, li permutò l'uno con l'altro, formò con essi tutta la creazione e tutto ciò che è destinato a divenir creato”


Aleph è la prima delle tre lettere Madri

Essa è legata all'aria. Il valore numerico è 1. Graficamente ricorda una croce, ad indicare il centro da cui si diramano le quattro direzioni, i quattro mondi della manifestazione, e le quattro porzioni dello spazio. La lettera Aleph rappresenta Dio creatore.
Unione
Nord, Sud, Ovest, Est.


Mem è la seconda delle tre lettere Madri

Essa è legata all'acqua. Il valore numerico è 40. Graficamente ha due forme, una aperta e una chiusa. La forma aperta rappresenta la gloria divina manifestata, la forma chiusa la gloria divina racchiusa nell'uomo.
Mosè dona al popolo di Dio la Legge, il Messia dona al popolo di Dio l’interpretazione della Legge. 40 ricorre nella Bibbia: la permanenza di Mosè sul Monte Sinai, 40 anni nel palazzo del faraone, 40 alla guida di Israele.
La Mem rappresenta l'esistenza di Dio nella creazione: si rivela e si occulta in essa.
Unione.
Destra e la Sinistra.


La Shin è la terza delle tre lettere Madri.

Essa è legata al fuoco. Il valore numerico è 300. Graficamente la lettera Shin ricorda le fiamme che divampano sulla terra, mosse dal soffio che proviene da Est. I fiori che si innalzano sul campo. Il trilume, e le tre forze ( positiva, negativa, e neutra ), il cui dinamico equilibrio tutto compone. L'invocazione e l'evocazione dello Spirito Divino, in quanto ricorda colui che leva le mani al cielo, e la sua testa in mezzo.
La Shin è l’azione divina. La Shin rappresenta il potere divino ma anche la corruzione, questo perché se l’uomo è impuro non sarà egli detentore del fuoco, ma semplice arbusto fra le fiamme.
Attraversare,
l'Alto, il Basso, l'Interno,




Tre madri: Alef, Mem, Shin; un grande, mistico 
segreto, sigillato con sei anelli.
 Da ciò fuoriesce fuoco, acqua e spirito,
che si dividono in femmina e maschio.
Pensa e da forma: il fuoco porta l’acqua.
A (Alef, che indica l'unione dei complementari)
M (Mem, che indica il riempirsi dell'energia e della gioia della vita)
Sc (Scin, che determina la perfezione dello spirito nella materia)
Unendo insieme questi tre archetipi otteniamo la parola "MeScA", cioè Messia.

Jessè - La Croce




Maria era del ramo di Jessè. La parola Jes significa fuoco, sole. Essere del ramo di Jessè sighifica essere della stessa sostanza del fuoco, del sole. Il nome Gesù (Jesus) ci appare nel suo fuoco e nel suo sole.
Ci dicono le scritture che Maria (mater, materea da cui materia) fu la genitrice di Gesù e ciò perchè Maria è forma, se si preferisce vaso che raccoglie il sole e il Padre, lo Spirito Vitale. Ma Maria non è forse Luna che, ricevendo i raggi del sole (nella parte nera agli occhi profani), li tiene in grembo per fecondarli e far nascere il giorno?
Se Gesù è un elemento, una fase, una corporificazione soggetta alle vicissitudini, se è testimonianza di uno spirito incarnato ovvero esso stesso è spirito incarnato, ciò che pare rilevante è che Jesus può porsi in un contesto ove del medesimo non si può prescindere (necesse est) in quanto "risultato" di una incarnazione del "Principio" e nel contempo dallo stesso occorre risalire, scomponendo, poichè "verso l'ora nona Gesù gridò ad alta voce "Elì, Elì lemà sabactani" ma Gesù, dopo aver emesso di nuovo un grido, rese lo spirito (vangelo secondo Matteo: radice Mat, terra, simbolo dell'angelo e quindi processione dall'alto in basso, dal cielo alla terra). Tutto ciò accade sulla croce (crogiolo, lanterna, cratere, vaso) e sucessivamente fu: Gesù il Crocifisso (Vangelo secondo Matteo).
Anche nei Vangeli Gnostici, Filippo scrive "Mio Dio, perchè mi hai abbandonato? Sulla croce egli disse queste parole perchè là fu diviso. Chiunque fu generato da colui che distrugge non proviene da Dio. La croce (Nord,Sud,Ovest,Est, Acqua, Fuoco, Terra ed Aria, numero 4, rotazione) strumento e luogo di separazione dal mondo inferiore (infero) che permette di rendere lo spirito, ossia la via dolorosa della materia (Elì, Elia, Elios: il Sole abbandona il suo "composto" ... la materia si spiritualizza e lo spirito si materializza, la luce da sè si separa).


Gesù, come Uomo, in piedi sulla sfera terrestre, circondato dai quattro elementi.La venuta di Gesù sulla terra, comunque la si voglia intendere, è venuta nel regno vegetale e minerale, restando Egli ancorato a quest'ultimo "costruendo sulla Pietra la sua Chiesa". Sempre nel Vangelo secondo Matteo si legge: "Ed io ti dico, che sei tu Pietro e che su questa pietra fonderò la mia Chiesa e che le porte dell'inferno non prevarranno sopra di lei". Ma Pietro fu crocifisso a testa in basso, a croce capovolta...
Per trovare la "Pietra", quindi, che occorra forse replicare nella materia il supplizio di Pietro e quindi separare e convertire per arrivare a condividere "ciò che è in basso con ciò che è in alto"?.
Gesù come Antropos è "composto dagli elementi": in piedi sul mondo, che è in basso, sta fra i quattro elementi. La via dell'uomo perciò, la conoscenza del'uomo, passano attraverso l'Opera sua e passa su se stesso (chi sa bruciare con l'Acqua e lavare col Fuoco, fa, della Terra il Clielo e del Clelo la Terra preziosa (qui scit comburere aqua et lavare igni facit de terra caelum et de caelo terram pretiosam).

Tornando al Vangelo di Matteo, l'incipit del capitolo noto come "Agonia e morte di Gesù" in realtà così recita: dall'ora sesta all'ora nona si stesero le tenebre sulla tera. E verso l'ora nona...
Ora, il Libro Egizio degli Inferi è suddiviso in dodici parti corrispondenti alle dodici ore. Il testo descrive il viaggio che il Sole notturno compie nelle regioni infere, navigando per dodici ore, in terra desolata. E' evidente come non si tratti della descrizione del periplo solare quanto della descrizione di un viaggio iniziatico. E' possibile trovare una qualche corrispondenza fra le ore della Croce e quelle del Libro Egizio?

L'ora VI: è l'ora della dissociazione, delle fasi dissociative imposte dall'esperienza e legate alle forze che vanno utilizzate in direzione inversa sotto l'occhio vigile del dio Thoth. La donazione dei beni materiali, che potenzialmente appartengono alla divinità (rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori...). Sempre all'ora sesta del Il Libro Egizio, un monito viene rivolto alle divinità: "Unitevi alla vostra carne e non permettete che le vostre membra siano impedite". Occorre cioè che le singole potenze individuali (insiste nella carne, in se stessi e non altrove) non vadano disperse, ma che al contrario si uniscano ancor di più alla carne e quidi riescano ad agire stando ferme nelle loro sedi.
Il dio sta al di sopra. Il "tenersi al di sopra" esprime la direzione verticale e quindi la direzione ascendente dell Fuoco, del proprio Fuoco (Jesus, Jessè). E' la raffigurazoine di uno stato attivo e non meramente passivo.
Gesù all'ora sesta non subisce ma agisce, dissocia le sedi delle potenze individuali e restituisce a "Cesare quel che è di Cesare" mantenendole ancorate e riformulate allla carne.

L'ora VII è l'ora in cui vi è la coesione (condensazione) delle potenze dissociate (rappresentata da Iside che impedì la dispersione delle membra di Osiride) che devono affrontare le forze del male. Male che, da altro punto di vista, permette la coesione, quale presupposto oggettivo dell'agire (ormai Gesù sulla Croce ha superato lo stato precedente...).

L'ora VIII è l'ora della stasi. Dopo la dissociazione dell'esperienza, dopo lo scontro col male, dopo aver condensato le potenze individuali, ecco la stasi, la calma. Siamo in presenza della cristallizzazione e quindi del giusto equilibrio che stabilizza.

L'ora IX vede il dio sole in una città, la cui porta ha il nome di Guardiana dell'Innondazione, a ricordare come anche dopo la stasi sempre possano ripartire incontrollate le potenzialità e quindi, in questo caso la distruzione. In quest'ora potrebbe iniziare il lavoro del Fuoco che s'opporrebbe all'Acqua e che potrebbe innondare la terra. Vero però è che in quest'Acqua è contenuto il germe di ogni individualità. Il nome della città è "Colei che introduce alle forme" ed è simboleggiata da una coppa (vaso, crogiolo), laddove l'introdurre/iniziare è rappresentato da un pesce (Bes). Il passaggio in questa città, come il pesce tra le correnti, non significa dissoluzione dell'individuo: graficamente ci si tiene ritti in uno stato attivo di coscienza. Ed è verso l'ora nona che Gesù emise l'ultimo grido, avviatosi a tornare se stesso Forma alla Sorgente di tutte le Forme, divisosi per essere indiviso. Da questo momento fu (vangelo secondo Matteo) Gesù il Crocifisso.

A questo punto viene spontaneo chiedersi: tutto ciò cui prodest? Il Gesù che ci hanno insegnato, le intrepretazioni che potremo leggere e condividere, hanno un senso? Tendono a quella verità che noi stessi abbiano giurato di amare e ricercare?
Nella Porta Alchemica vi compare la scritta Ruach Elohim, lo Spirito di Dio. Materia e Spirito quindi, ma anche Spirito nella materia, Verbo e Carne, strettamente uniti ed imprescindibili per "servire" l'Essenza delle Essenze, con gli strumenti che abbiamo:.... "Ho gettato fuoco sul Mondo ed ecco, lo custodisco fino a che divampi"

LA RINASCITA




Vai e costruisci il tuo nido. Cospargilo di essenze affinché tutti possano sentire nell’aria il profumo d’oriente. Lascia che il tuo corpo arda nel fuoco della tua stessa essenza e che si prepari alla rinascita. Osservo il piccolo uovo nel quale intravedo, in trasparenza, il tuo nuovo essere. Sono passate tre notti ed il sole ora è pronto ad infonderti la vita.
E poi vola, vola più in alto che puoi fino a raggiungere le fronde dell’albero sacro…. e poi resta li a ridere di chi non risorgerà mai più.